Una dieta antinfiammatoria potrebbe aiutare le donne che soffrono di endometriosi, malattia molto dolorosa in cui un tessuto simile al rivestimento dell’endometrio (interno dell’utero) cresce all’esterno dell’utero. È una delle novità emerse dal simposio organizzato dal Gruppo di Lavoro Giovani della Società italiana di nutrizione umana durante l’ultimo congresso nazionale ad Arezzo. « L’endometriosi è un’infiammazione cronica benigna degli organi genitali femminili e del peritoneo pelvico. Colpisce dal 2 al 10% delle donne in età fertile (15-49 anni) in tutto il mondo e circa il 30-50% dei casi è sintomatico» spiega Cinzia Ferraris, dietista e ricercatrice presso il dipartimento di Sanità Pubblica, Medicina Sperimentale e Forense dell’Università di Pavia.
Lo stimolo all’infiammazione
L’infiammazione si verifica come risposta del sistema immunitario al tessuto che si forma dove non dovrebbe. Lo stimolo per la crescita di questo tessuto è l’ormone femminile estrogeno. È logico pensare che gli alimenti noti per influenzare la produzione di estrogeni, come quelli a base di soia siano sconsigliati mentre altri ad azione antinfiammatoria possano avere effetti positivi sui sintomi. «Le indicazioni generali spingono per un’alimentazione antinfiammatoria sebbene le prove siano contrastanti», prosegue l’esperta.
Gli alimenti da evitare
«C’è consenso sull’associazione fra consumo di carne rossa (processata e non) e aumentato rischio di endometriosi. Una spiegazione potrebbe essere nel possibile effetto sugli ormoni steroidei: per esempio una crescita delle concentrazioni di estradiolo, ormone steroide estrogeno. Infatti elevati livelli di estrogeni sono coinvolti nell’induzione dell’infiammazione tipica della malattia. Inoltre, i grassi animali delle carni, come l’acido palmitico, sembrano favorire la produzione endogena di estrogeni e quindi accrescere il rischio di endometriosi. Un’ulteriore ipotesi riguarda il ferro, di cui la carne è ricca, associato a un aumento dello stress ossidativo e dello stato infiammatorio.
Gli acidi omega-3
Dall’altro lato alcune prove suggeriscono una diminuzione del rischio di questa patologia con l’assunzione di acidi grassi omega-3, tipici per esempio di semi di lino e pesce azzurro. Non si possono dare indicazioni certe su quali alimenti consumare e quali evitare. Tuttavia le linee guida europee della Società Europea di Riproduzione Umana ed Embriologia riportano che nonostante la scarsità di evidenze a favore, per il futuro sarebbe meglio indirizzare a uno stile di vita sano che comprenda anche un’alimentazione adeguata, una limitazione al consumo di alcol e una regolare attività fisica».
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